Di seguito alcuni spunti che abbracciano il mondo della comunicazione sotto molteplici aspetti, sia lavorativi che personali. Ci tengo a precisare che questi sono degli spunti e non degli approfondimenti che avrebbero bisogno di molto più tempo e spazio. Grazie per la comprensione

Assertività: perché è così utile in ambito professionale?

La comunicazione è alla base della nostra vita sociale, ci permette di interagire con gli altri, di trasmettere contenuti e raggiungere i nostri obiettivi. La sua funzione è fondamentale non solo per conoscere il mondo esterno, sviluppando nuove conoscenze, ma ci permette di esprimere anche la nostra personalità. Per farsi capire dagli altri e avere delle relazioni interpersonali soddisfacenti è, dunque, necessario possedere delle buone capacità comunicative.

Fermiamoci a riflettere sul nostro modo di comunicare: siamo aggressivi, assertivi o remissivi?

La risposta giusta sta sempre nel mezzo.

La comunicazione assertiva è un fenomeno molto ampio, ma qui spiegheremo sinteticamente il suo significato e perché sia fondamentale utilizzarla in ambito professionale. Chi comunica in modo assertivo rivela una certa capacità nel trasmettere concetti e pensieri in maniera chiara, precisa, diretta. Questo linguaggio è utile nell’ambito lavorativo, specialmente nelle vendite. Utilizzandolo si è in grado di esporre le proprie idee senza prevaricare gli altri, riuscendo ad ottenere il massimo da ogni conversazione.

È un comportamento che promuove l’uguaglianza nelle relazioni umane, e permette di salvaguardare i propri interessi e diritti rispettando contemporaneamente quelli altrui.

Per portare avanti una trattativa di successo è importante che, oltre ad immedesimarsi nei panni del cliente e a capire i suoi bisogni, si comprendano anche i valori in cui crede, così da poter offrire la soluzione più adatta alle sue esigenze. Infine, se dovessero sorgere delle problematiche durante la trattativa, sarebbe utile essere reattivi proponendo soluzioni alternative.

Glossofobia: quando il dover parlare in pubblico diventa il nostro peggior incubo

Nell’arco della nostra vita, potremmo trovarci nella situazione di dover parlare in pubblico. Che sia a lavoro, scuola, o in diverse situazioni sociali, la reazione a tal evento non è la stessa per tutti. Alcune persone potrebbero provare la cosiddetta “ansia da prestazione” o un leggero nervosismo; altri, invece, una sensazione di vero e proprio panico. In quest’ultimo caso si parla di Glossofobia.

La glossofobia, dal greco glōssa, lingua, e phobos, paura o fobia, al contrario di quanto si crede è molto diffusa. Infatti, molti studi confermano che a soffrirne è il 75% della popolazione mondiale. Vediamo genericamente la varietà dei sintomi fisici, verbali e paraverbali che tale fobia provoca:

Ansia intensa;

Aumento della pressione sanguigna e della sudorazione;

Bocca asciutta e irrigidimento della schiena;

Nausea e panico;

Voce tremante e respirazione corta;

Parlare troppo velocemente o produrre mormorii durante la conversazione.

Solitamente si pensa che la glossofobia sia legata alla sola paura di avere gli occhi di tutti puntati addosso; in realtà, ciò che più si teme è il fare una brutta figura, di essere derisi o giudicati.

Dulcis in fundo la buona notizia: la glossofobia è curabile. Ovviamente è necessario rivolgersi agli esperti del settore che con gli esercizi più adatti vi porteranno fino alla fine di questo tunnel.

Urlare ci fa bene o male? Scopriamo il pensiero degli esperti

Le informazioni riguardanti la necessità o meno di urlare per comunicare, sono varie e contrastanti. Nella società odierna urlare non è vista come un’azione positiva. Pensiamo, infatti, alla sensazione che abbiamo provato nel vedere qualcuno in un ufficio o per strada discutere animatamente. Sicuramente ha attirato la nostra attenzione, ma che sensazioni ci ha provocato? Di certo non positive.

Secondo alcuni psicologi, invece, urlare è salutare. Aiuta a liberarsi dalle paure e dalle frustrazioni riequilibrando le energie. Ci rende più leggeri, più vivi e anche più saggi nel prendere le decisioni giuste. Di conseguenza, fare finta di niente ed ignorare il forte desiderio di urlare al mondo tutta la nostra rabbia si ripercuote negativamente anche sul nostro fisico creando emicranie e gastriti.

Al contrario, un altro gruppo di esperti afferma che urlare per rabbia danneggia non solo il cuore ma anche mente e corpo. Quando ci arrabbiamo i muscoli e le articolazioni si tendono e si crea anche uno sconvolgimento delle attività cerebrali ed ormonali.

Cosa succede quando guardiamo fisso negli occhi il nostro interlocutore?

Moltissime volte ci sarà stato detto che guardare negli occhi una persona è segno di buona educazione. Non solo. Molti affermano che in questo modo esprimiamo sicurezza ed anche attenzione a cosa ci sta comunicando chi ci sta di fronte. In effetti, parlare con qualcuno che guarda continuamente altrove o che indossa occhiali da sole e non fa vedere dove ha lo sguardo, può dar fastidio e mettere a disagio.

Anche lo sguardo fisso ha però i suoi contro. Potrebbe capitare di mettere in imbarazzo chi abbiamo di fronte o addirittura sembrare che lo stiamo sfidando. In entrambi i casi il detto “gli occhi sono lo specchio dell’anima” vince. Quindi come fare?

Uno dei molti studi fatti in merito ha concluso che, dopo aver chiesto di guardarsi negli occhi ad un gruppo di sconosciuti, questi abbiano provato molteplici sensazioni. Alcune volte ci sono state forme di imbarazzo, altre persone sono scoppiate a ridere o sono arrossite (come nel gioco “facciamo a chi ride prima”) altre ancora non sono riuscite a mantenere lo sguardo. Il risultato finale?

La maggior parte ha riferito di sentire empatia, approvazione ed una grande affinità. I fattori in gioco in questa che fa parte della comunicazione non verbale sono diversi. La situazione in cui ci troviamo svolge un ruolo importantissimo. Se siamo con il partner, al primo appuntamento, ad un colloquio di lavoro o con uno sconosciuto cambia molto. Anche la nostra intenzione traspare dallo sguardo quindi anche la predisposizione che abbiamo in quel momento sposta l’ago della bilancia. Di certo oltre a guardarsi negli occhi, in questa epoca dominata dalla rete dobbiamo ricordarci di imparare ad ascoltare e a dialogare.

La cromoterapia negli ambienti di lavoro

La cromoterapia è una medicina alternativa, che studia come i colori agiscono e comunicano sull’uomo a livello fisico, mentale ed emozionale. Secondo tale disciplina, il sapiente utilizzo dei sette colori primari, stimola la produttività e la creatività diffondendo un clima di benessere e serenità.

Ed è proprio per le loro caratteristiche, che già da qualche anno in alcuni ambienti lavorativi, nel momento della scelta degli arredamenti, ci si affida agli esperti di cromoterapia. È appurato che per raggiungere gli obiettivi prefissati, l’ufficio deve risultare accogliente, rilassante, e stimolante.

Vediamo, dunque, cosa trasmettono alcuni colori e in quali luoghi utilizzarli al meglio.

La prima distinzione da fare è tra colori caldi e colori freddi. I primi, stimolano creatività e produttività; i secondi, trasmettono una sensazione di calma e tranquillità.

Il Giallo è indicato negli ambienti in cui è necessario alimentare la creatività, come l’ufficio marketing o design, perché migliora attenzione e produttività.

L’Arancione, perfetto per stimolare dialogo e complicità, è spesso usato nei mobili per reception e sulle pareti.

Il Verde è ottimo per le sale riunioni o le aree meeting, grazie alle sue sfumature accoglienti e calmanti. È scelto per gli uffici, dove le persone lavorano per molte ore in situazioni di stress.

Per mettere a loro agio i relatori, nelle sale training sarebbe ideale utilizzare il turchese; invece il Blu è adatto per l’ufficio amministrazione.

Infine, il marrone. Essendo il colore della terra e del legno richiama sensazioni di solidità, durevolezza e stabilità. Spesso impiegato nelle sue tonalità che vanno dall’ocra al bruno, lo ritroviamo nelle stanze dei datori e dei dirigenti.

Non basta, naturalmente, solo questo e ricordiamoci che l’ambiente è importante ma le persone lo sonoancora di più. Sono le persone ad influenzare gli ambienti e non il contrario.

Attrazione sessuale: quando il corpo ci dà l’ok.

Il primo appuntamento porta con sé tanta curiosità ma anche tanti dubbi e paure. Spesso, però, i consigli che troviamo in rete e sulle riviste potrebbero non essere sufficienti. Alcuni affermano che l’attrazione è questione di chimica. Per altri, è questione di feeling, proprio come dice una nota canzone.

Qual è la verità? Ce lo dicono i segnali del nostro corpo, che a quel punto si rivela il nostro migliore alleato. Facciamo comunque attenzione al contesto in cui siamo. Ecco alcuni indizi:

Piedi, gambe e braccia: se le punte dei piedi sono rivolte verso di voi, il messaggio è di interesse nei vostri confronti. Avete buone possibilità. Le gambe, invece, possono rivelare una chiusura oppure un’apertura, a seconda che siano sciolte o accavallate.

Infine le braccia. Di solito, quando l’interlocutore ce l’ha incrociate, invia un segnale di ostilità. Se addirittura, chi è seduto di fronte a voi, ha anche le gambe incrociate, dovrete avere un po’ di pazienza perché vi dia fiducia

Il movimento della testa. In questo campo, la testa ha un ruolo importante, soprattutto quando è inclinata. La persona che ci ascolta sta esponendo una zona molto delicata: il collo. Ciò rivela che oltre ad ascoltarci con molta attenzione e ammirazione, si fida di noi.

Occhi e labbra. Sono gli elementi che esaminiamo maggiormente, e quelli che ci raccontano più cose della persona che abbiamo davanti. Quando la situazione è piacevole la pupilla, si dilata; mentreuna bocca aperta o socchiusa rivela che si è disposti a ricevere, ad ascoltare. Se pensate che il tormentarsi le labbra sia un segnale negativo, potreste sbagliarvi. Il motivo di disagio potrebbe essere proprio la voglia di baciarvi.

Ovviamente non sono regole assolute e molto dipende dal momento specifico e anche dall’ambiente in cui si trova la persona che abbiamo di fronte.

Stretta di mano tra passato e presente

Per due anni, e non solo, la pandemia ha scombussolato le nostre vite. Tra le tante siamo stati costretti ad abbandonare un gesto naturale. Uno di quelli che oggi, esprime fiducia e intesa ma che in realtà nasce dalla diffidenza tra le persone: la stretta di mano.

Questo gesto, in greco antico veniva chiamato dexiosis. Letteralmente significa darsi la mano destra. Anticamente, infatti, si usava porgere la propria mano destra per dimostrare a qualcun altro di non avere cattive intenzioni.

Arriviamo ai giorni nostri.  Sono molti gli studi fatti in questo campo, sia sulla postura che sulla gestualità.  Benché i pareri non siano sempre unanimi possiamo stilare un piccolo elenco dei significati principali della stretta di mano. Quindi, che cosa vogliono comunicarci i nostri interlocutori quando ci stringono la mano?

Stretta di mano con il palmo rivolto verso il basso: trasmette potere e autorità.

Stretta di mano con il palmo rivolto verso l’alto: esprime timore e passività.

Stretta di mano “molle”: siamo davanti a qualcuno di evasivo, disinteressato e dalla personalità sfuggente.

Stretta “clericale”: si stringono solo le dita. Trasmette arroganza e poco interesse nella relazione.

Stretta aggressiva: comunica potere e aggressività nei confronti dell’interlocutore.

Stretta di mano doppia: si fa con entrambe le mani. È più affettuosa e nel mondo degli affari si scambia solo tra conoscenti.

Un codice di comunicazione per tutti? La musica!

Comunque sia definita o percepita, il ruolo che svolge la musica è a dir poco fondamentale. Se la valutiamo nella sua accezione più ampia, ovvero di suono, la musica è ovunque. Se andiamo un po’ più in là, travalicando il gusto di genere, ad ogni emozione che le note ci trasmettono, si innesca un meccanismo all’interno della nostra mente. O forse all’interno di quella che chiamiamo anima. E lì tutto può avvenire. La gamma di sensazioni può andare dalle più basse e oscure alle più alte e nobili. Così la gioia, la felicità, la tristezza, il dolore vengono accerchiati, e filtrati assumendo la forma che più ci aggrada.

Ecco perché la musica è una forma di comunicazione d’eccezione che per quanto si riesca a spiegarla nero su bianco, per quanto si cerchi di incasellarla lei trova altri spazi, altre contaminazioni. La musica poi è tipicamente dell’uomo. Questo è uno dei numerosi motivi per cui è stata e sarà sempre con noi. 

Questo codice di comunicazione funziona e questa relazione tra chi rende disponibile e chi ascolta trova un suo percorso comunicativo anche se uno dei due interlocutori (il destinatario) non conosce tutti i meccanismi del suddetto codice. Questa è la meraviglia comunicativa della musica.